Il vero incontro che ho avuto con la liquirizia calabrese è avvenuto nel momento in cui ho incrociato lo sguardo, sottolineato dal bordo della mascherina, di Pina Mangano Amarelli.
Prima di allora la liquirizia era solo liquirizia, ed il mio palato non era ancora stato rapito dalla storia che quel sapore rappresenta.
Accade così molto spesso, sono le persone a fare la differenza.
La fabbrica Amarelli e l’itinerario di viaggio alla scoperta della Calabria
Inserire nel mio itinerario di viaggio calabrese la visita alla fabbrica Amarelli di Rossano era del tutto scontato trattandosi di liquirizia, un prodotto tradizionale regionale.
La liquirizia infatti non è un prodotto esotico, come erroneamente si può essere portati a pensare, ma prodotto anche italiano.
In Calabria se ne produce una varietà unica nel suo genere e molto ricercata; nulla a che vedere con quella di importazione o cinese.
Perché la liquirizia calabrese è unica
La liquirizia calabrese ha una particolarità che la distingue dalle altre: pura ha un gusto dolce-amaro tale da non aver bisogno di aggiunta di additivi o dolcificanti in fase di lavorazione.
Stiamo quindi parlando di un prodotto italiano di eccellenza, che esiste e resiste ai secoli e al mercato.
La qualità della liquirizia calabrese è riconosciuta da tempo ed in tutto il mondo. Pensate che nel Settecento era consigliata da Casanova prima di un incontro amoroso (tratto dalle sue Memorie) e nel 1928 l’Encyclopaedia Britannica la indicava come la qualità maggiormente apprezzata.
Dal 2011 è un prodotto Denominazione di Origine Protetta (DOP).
Tradizione e modernità: dal bastoncino di radice alla birra alla liquirizia
Il prodotto tradizionale per eccellenza è il classico bastoncino di liquirizia; si tratta della radice pura, perché si mangia (e io non lo sapevo). Il sapore è effettivamente dolce ed al contempo molto delicato.
Avevo sentito invece parlare della liquirizia alla violetta, conosciuta come “senatori alla violetta” (o senatur), perché ricorda la forma di un bottoncino simile a quello degli abiti dei Senatori (o anche dei preti). La liquirizia alla violetta spopolava nel Novecento nel nord Italia perché capace di togliere il sapore e l’odore dell’aglio, spezia ampiamente utilizzata in cucina (come per la bagna cauda).
Da circa trent’anni la Amarelli ha riportato in produzione anche una vecchia gloria, i famosi sassolini di liquirizia. I sassolini erano un prodotto di punta per il periodo estivo in epoca passata e oggi sono stati riprodotti in un formato leggermente ridotto rispetto all’originale per adattarsi ai nuovi processi di produzione.
Oggi sul mercato la Amarelli propone moltissimi prodotti diversi; si passa dalla famosa polvere di liquirizia per gli chef più esigenti, alla crema spalmabile, fino alla birra alla liquirizia.
Qual è il prodotto che mi è rimasto più impresso? Da architetto non posso che cedere alla bellezza della tradizione e della sua iconica scatoletta metallica, quella che tutti riconosceremmo tra mille altre, utilizzata a partire dal 1919. Non a caso questa scatoletta è stata selezionata da Fattobene, archivio delle icone del design quotidiano italiano, e venduta nei suoi pop-up corner presso gli store del MoMA (il Museum of Modern Art) di New York.
Liquirizia Amarelli e la Visione di una donna
Ammetto di essere stata davvero molto emozionata prima dell’incontro con Pina Amarelli; è un’occasione rara quella di poter parlare con una personalità come lei, che ha saputo essere donna, icona, imprenditrice, comunicatrice, politica, madre e nonna, e tutto ai massimi livelli.
Pina Mengano sposa Franco Amarelli e di fatto anche il mondo della liquirizia e della sua fabbrica, tanto da essere soprannominata Lady Liquirizia.
Sapevo che avrei avuto modo di parlare con l’icona di donna imprenditrice scelta come testimonial dalla Chanel, ma soprattutto nominata Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana, nonché prima donna in Calabria nominata Cavaliere del Lavoro, che è la più alta onorificenza che il Presidente della Repubblica possa conferire a un imprenditore.
Avevo giusto un attimo di soggezione.
Invece lei era lì, nella sua elegante semplicità, come un pilastro all’ingresso del Museo della Liquirizia calabrese ad accogliere e salutare il primo gruppo di turisti in visita della giornata.
La incontrerò per una breve chiacchierata dopo la visita al museo, in una piccola saletta costellata di oggetti che raccontano le collaborazioni con altre aziende storiche italiane, tra cui la Ferrari.
Liquirizia calabrese, la sfida di un’industria mono-prodotto
Quale è stata la prima cosa che mi ha colpito di Pina Amarelli? La sua concretezza e la sua capacità di trasmettere, con poche e dosate parole, secoli di storia, di sacrifici e di intuizioni legate alla fabbrica e alla liquirizia.
Abbiamo parlato di numeri. Si, di numeri; perché da questi si capisce il motivo principale per il quale la fabbrica Amarelli è spinta ad un continuo moto di rinnovamento:
- il comparto produttivo della “confetteria” rappresenta circa il 5% dell’industria agroalimentare;
- l’industria della produzione della liquirizia rappresenta appena l’1% di questo comparto.
Capite adesso perché è vitale per un’industria mono-prodotto puntare sulla sua immagine con l’intento di renderla unica e iconica. Diventa indispensabile trovare il modo di differenziarsi sia nella proposizione che nella varietà del prodotto.
Quella della Amarelli è una storia di successo di un’impresa industriale del Sud Italia, e tra le più antiche del mondo. Pensate che la Amarelli figura tra le aziende dell’associazione “Henokiens“ di cui fanno parte società familiari nel mondo che hanno almeno 200 anni di storia.
Questa fabbrica rappresenta un tassello di primaria importanza in un itinerario di viaggio che mi ha permesso di scoprire una Calabria diversa, una regione italiana che in tempi passati era un vanto per il suo comparto produttivo e industriale.
Non si tratta quindi solo di un successo di tipo produttivo e di immagine, ma di un successo di tipo sociale.
La liquirizia calabrese e l’identificazione territoriale
La forte progettualità familiare della Amarelli ha traghettato il vecchio “concio” (ossia il luogo dove un tempo si lavorava la liquirizia) attraverso la storia industriale italiana, fino ai giorni nostri.
La storia della famiglia Amarelli diventa così parte della storia di questo territorio calabrese, perché generazioni di lavoratori si sono avvicendate nella lavorazione della liquirizia.
Acquistare la liquirizia direttamente in fabbrica ha quindi il sapore della storia, della tradizione e del saper fare tramandato nel tempo; tutto questo la Amarelli riesce a trasmetterlo in chiave estremamente moderna e di tendenza tramite la cura nella presentazione dei suoi prodotti.
Il Museo della Liquirizia, dalla testimonianza all’unicità
L’importante eredità storica che porta con se la famiglia Amarelli è in parte racchiusa e raccontata attraverso il Museo della Liquirizia. Questo museo è una tappa obbligatoria da inserire durante un itinerario di viaggio in Calabria, apprezzata anche dai più piccoli.
Un museo di impresa che vanta circa 40 mila visitatori all’anno e secondo solo al museo dedicato alla Ferrari.
Durante la nostra chiacchierata Pina Amarelli ci tiene a evidenziare che questo non è un museo che racconta la Amarelli come famiglia, ma uno scrigno che contiene la storia della liquirizia in senso generale.
Già la struttura del museo è essa stessa un pezzo di storia. La costruzione è entrata a far parte dell’Associazione delle Dimore Storiche Italiane, ha l’aspetto di una struttura di difesa di tipo feudale, con un’importante corpo centrale di fabbrica corollato da piccole abitazioni di operai.
Fino a qualche anno fa lo spazio museale di intersecava con quello produttivo; era possibile vedere, attraverso una vetrata, il processo finale di confezionamento.
Sarebbe stato davvero interessante poter accedere all’interno della fabbrica e vedere il processo di produzione, ma come potrete comprendere la situazione mondiale del 2020 non lo ha permesso.
Il museo ha visto la luce nel 2001 e del suo restauro si è occupato l’architetto Giulio Pane.
Pensate che nel 2004 Poste Italiane ha dedicato al Museo della Liquirizia un apposito francobollo della serie tematica “Il Patrimonio Artistico e Culturale Italiano”.
Al suo interno mi ha davvero stupito trovare anche un’antica neviera restaurata, proprio all’inizio del percorso di visita, per non parlare degli antichi stampi che conferivano alla liquirizia la classica forma a “pesciolino“.
Il percorso di visita è organico e vi accompagnerà nel tempo attraverso le trasformazioni ed innovazioni della fabbrica stessa. Il processo di produzione della Amarelli ha infatti fatto anch’esso la storia, perché qui sono stati sperimentati nel tempo macchinari prototipo e brevetti.
Ma brevetti Amarelli non si limitano solo ai tempi passati, perché anche il nuovo angolo caffè del 2017, collocato all’ingresso del museo, cela le sue unicità. Pensate infatti che la colorazione applicata è stata creata e brevettata appositamente dalla Mapei per questo progetto.
Come si produce la liquirizia calabrese
Il processo di produzione della liquirizia è semplice ed è l’esperienza quella che fa la differenza. Una volta raccolte le radici della pianta di liquirizia (glycyrrhiza glabra), queste vengono lavate e fatte essiccare. Viene rimossa la parte fibrosa ed il tutto viene macinato, pressato e riscaldato per estrarne il succo.
Il succo viene quindi chiarificato e concentrato tramite bollitura per ottenere una pasta nera, densa e profumata. A controllare questa fase così delicata ci pensa il “mastro liquiriziaio” che conosce per esperienza l’esatto punto di solidificazione del prodotto.
L’ultima fase è poi quella che, attraverso appositi macchinari, dona la forma desiderata alla liquirizia.
Perché visitare la fabbrica Amarelli in Calabria
La visita al Museo della liquirizia della Amarelli è importante perché si tratta di un vero e proprio lascito, di una eredità che questo territorio ha messo non solo per iscritto ma riesce a mostrare nel concreto.
Questo tipo di musei di impresa permettono di non perdere la memoria del passato e delle sue tradizioni, e nel contempo valorizzano quello che l’uomo ha saputo costruire nel tempo, con tenacia e fatica.
Oggi, quando guardo un confetto di liquirizia pura e osservo la superficie lucida e leggermente irregolare, so che assaporerò un pezzo di storia italiana.
Conosciamoci meglio…
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La liquirizia Amarelli è iconica! Collezionerei tutte le sue confezioni bellissime!
Molto bello il fatto che si possa visitare la fabbrica!
E’ assolutamente un’esperienza top!
Articolo davvero interessantissimo e completissimo! Pur piacendomi molto la liquirizia, ammetto la mia ignoranza e non sapevo dell’esistenza di questo museo e in generale non conoscevo la storia di questa incredibile impresa famigliare, che rende lustro alla Calabria e a tutta l’Italia! Davvero un luogo suggestivo (e gustoso!) che mi piacerebbe molto visitare! Grazie per avermelo fatto conoscere!
Ciao Sara! Che belle le tue parole; fa sempre piacere ricevere commenti da persone curiose di scoprire le realtà tradizionali italiane
“Un articolo molto interessante, una prosa accattivante, una serie di foto molto belle e una piccola clip con la nostra liquirizia in primo piano. Decisamente originale il taglio del pezzo, dove si evidenzia l’identità territoriale del prodotto, il legame profondo fra tradizione per conservare il passato e innovazione per perpetuarsi nel futuro. Sullo sfondo una famiglia dalla storia millenaria e una protagonista al femminile per invitare il turista ad un’esperienza unica ed esclusiva. ”
Grazie! Pina Amarelli
Un onore avere avuto la possibilità di usufruire del suo tempo e poter ascoltare parte dei suoi ricordi legati all’azienda. Ancora grazie.