Una vacanza in Calabria tra mare poco affollato, boschi e le Reali Ferriere Borboniche, siti archeologici molto particolari.
Quest’anno è stata per tutti un’estate decisamente anomala.
Alla ricerca di zona di mare in Italia poco affollate e dall’acqua cristallina, la scelta è ricaduta sulla zona sud della Calabria, nel versante ionico.
Mai scelta fu più azzeccata, sia per i chilometri di spiagge deserte, che assicurano il famigerato “distanziamento sociale”, sia per quanto l’entroterra calabrese ha da offrire per una vacanza non di solo mare.
Il mare in Calabria ionica del Sud
Se quello che cercate è un mare pulito e davvero poco affollato, questa zona della Calabria potrebbe fare proprio per voi.
La scelta è stata quella di fare base nel caratteristico e fresco borgo di Santa Caterina dello Ionio, un piccolo paese che sta pian piano risorgendo dopo essere stato abbandonato per lungo tempo.
Da qui avrete da scegliere se dirigervi verso il mare del:
- nord: spiagge nei dintorni di Soverato, molto belle ma più affollate, oltre al problema parcheggi che non è mai da sottovalutare
- sud: da Santa Caterina in giù, non avrete che l’imbarazzo della scelta. Chilometri di spiagge di ciottoli tra cui potrete scegliere se posizionarvi vicino ad un lido organizzato o in solitudine.
La Calabria ionica del sud, tra mare e antiche fonderie
La risorsa della Calabria sono anche le persone.
Una delle più belle esperienze fatte in Calabria ionica del Sud è stata quella di conoscere Danilo e Giorgio.
A volte conoscere casualmente le persone giuste può aprirti le porte verso luoghi davvero inaspettati, e solitamente lontani dalle mete turistiche tradizionali.
Danilo Franco è uno studioso di archeologia industriale calabrese e delle Reali Ferriere Borboniche, facente parte dell’ACAI (Associazione Calabrese Archeologia Industriale).
Giorgio Pascolo è una guida ambientale escursionistica professionista dell’associazione TrekkingStilaro.
Entrambi si mettono in gioco per promuovere il più possibile il loro territorio, le loro ricchezze e la loro storia.
Non ringrazierò mai abbastanza Danilo e Giorgio per aver investito un’intera loro giornata, permettendomi di scoprire con loro le antiche tracce del glorioso passato industriale calabrese nascoste tra i boschi.
Il tempo è la risorsa più preziosa che noi abbiamo, perché non torna indietro.
E non è solo il loro tempo che hanno speso; ci sono dietro tanto studio, fatica e rinunce.
Archeologia industriale, questa sconosciuta
Cosa viene in mente quando si pensa ai siti archeologici della Calabria e della Sicilia? Solitamente i più bei templi, teatri e ville, greche e romane.
Ebbene, in Calabria ho scoperto con stupore la bellezza dell’archeologia industriale e delle Reali Ferriere Borboniche.
Quello che vi propongo è un percorso per veri intenditori e adatto a chi ha voglia di scoprire luoghi lontani dal turismo di massa della Calabria.
Scoprirete quindi:
- il villaggio operaio di Mongiana
- la fonderia di Mongiana oggi divenuta museo tematico
- gli scavi di Chiesa Vecchia
- la fonderia Ferdinandea
L’archeologia industriale della Calabria diventa risorsa turistica
Perché visitare questi siti archeologici calabresi? Perché sono un unicum in merito all’archeologia industriale.
Mentre in altre parti d’Italia e d’Europa i siti industriali si sono evoluti nel tempo fino a come li conosciamo oggi, qui il tempo si è fermato, cristallizzato al 1881.
La Calabria era un comparto industriale già molto attivo prima dell’arrivo dei greci, grazie alle risorse nascoste tra i boschi dell’entroterra.
Stiamo parlando di:
- giacimenti di limonite, pirite e tanti altri minerali,
- boschi da cui ricavare il legno da trasformare in carbone per alimentare gli impianti industriali,
- fiumi in grado di fornire energia motrice agli impianti.
Grazie a queste caratteristiche nella vallata della fiumara Stilaro si è sviluppato uno dei più grandi poli industriali meridionali.
Il nostro percorso inizia a Mongiana, prosegue verso il sito archeologico di Chiesa Vecchia e si conclude a La Ferdinandea.
Visitare Mongiana, il polo siderurgico e il villaggio
In tanti ricorderemo di aver studiato tra i banchi di scuola i villaggi operai sorti in Inghilterra o Francia; ebbene qui siamo in Italia.
Il piccolo e caratteristico paese di Mongiana, ci accoglie con le sue abitazioni colorate e il fresco dei boschi limitrofi, che in pieno agosto è più che piacevole.
L’aspetto odierno è quello di un’oasi di pace, pronta ad accogliere turisti amanti del trekking.
Mongiana ha però un passato davvero illustre e non a caso qui sorge il MUFAR, il Museo Fabbrica d’Armi; da qui parte il nostro percorso alla scoperta delle ferriere borboniche.
La cittadina di Mongiana inizia a prendere forma dal 1768, proprio grazie alla presenza della grande fabbrica d’armi e delle ferriere del territorio.
Il nome stesso di Mongiana è quello del Fucile Mongiana da fanteria, prodotto qui ed usato dall’esercito delle Due Sicilie.
Ma cosa sono queste ferriere? Sono stabilimenti siderurgici di lavorazione dei metalli, utili a produrre, appunto, armi ed altri oggetti anche di vita quotidiana.
Il paese di Mongiana nasce quindi per accogliere i lavoratori che trasferitisi qui da tutta Europa con le loro famiglie, e creare così un vero e proprio villaggio militare operaio autonomo.
Visitare il villaggio di Mongiana
Testimonianza di lavoratori provenienti da oltre confine fino a Mongiana sono proprio i cognomi che ancora oggi caratterizzano la popolazione di Mongiana.
Le generazioni degli antichi operai infatti vivono ancora qui.
Il villaggio era un esempio unico di organizzazione e di rispetto per la vita degli operai e delle loro famiglie. A Mongiana era infatti presente una scuola specializzata per i figli degli operai.
La scuola garantiva loro un’istruzione di base ma anche tipologie di insegnamento legate alle lavorazioni siderurgiche, e quindi al loro futuro lavorativo.
Il MUFAR, il Museo Fabbrica d’Armi e l’area produttiva siderurgica
La grande fabbrica d’armi, che un tempo dava lavoro agli operai ed all’indotto delle ferriere, oggi è il fulcro turistico da cui si parte alla scoperta di questo comprensorio siderurgico.
L’ingresso alla fabbrica dà il benvenuto al visitatore con le sue alte colonne doriche in ghisa, alte 4,8 metri e realizzate con un solo getto di materiale metallico.
Il progetto che vediamo oggi è opera di D. Fortunato Savino e venne realizzato nel 1852, sulla vecchia fabbrica di canne di fucile voluta proprio da Gioacchino Murat.
Vi troverete davanti un museo moderno, dove il visitatore può utilizzare schemi interattivi e tablet per gestire in autonomia il suo giro alla scoperta della fabbrica.
Nello stabile dove oggi è presente il museo veniva prodotto l’armamento leggero, ossia spade, fucili e pistole.
C’è poi una zona limitrofa al museo, ritrovata negli anni ottanta, dove è possibile passeggiare tra i resti della grande fonderia, dove il minerale estratto a Pazzano veniva trasformato in ghisa.
L’importanza nazionale di Mongiana era tale che la sua fonderia:
- era l’unica del sud autorizzata a produrre i busti del re Ferdinando Secondo,
- possedeva i più grandi altiforni d’Italia.
Una volta prodotta la ghisa in fonderia, questa veniva consegnata alle ferriere sparse nel territorio e collocate lungo il fiume.
Ogni ferriera era specializzata in un tipo di produzione e tipo di qualità del metallo lavorato.
Le ferriere avevano il compito di trasformare il materiale in ferro per la realizzazione di spade, fucili, cannoni, ma anche prodotti per la società civile come bracieri, binari e campane.
Il ritrovamento dei resti delle antiche ferriere è stato possibile risalendo il fiume. Le tracce da seguire sono state le scorie di limonite che hanno permesso di individuare cinque delle ferriere presenti nel territorio.
Gli scavi del villaggio minerario di Chiesa Vecchia
Un antico villaggio siderurgico di Chiesa Vecchia sorge su quello che si ritiene essere il più antico villaggio sorto proprio in ragione di una attività di tipo siderurgico.
Siamo immersi tra i boschi di Stilo, splendidi per il trekking, e dopo un brevissimo tratto di sentiero si arriva nei pressi di un’area attrezzata posta lungo le rive di un torrente.
Nonostante la vegetazione faccia da padrona, si notano subito i resti della tracce murarie di quella che forse fu una piccola chiesa e la sezione ben visibile della sezione della canna di un antico e raro forno a manica.
La fonderia Ferdinandea e le sue potenzialità ricettive
Un’altra suggestiva fonderia borbonica è la Ferdinandea, che si trova proprio nell’omonima zona ricoperta interamente da boschi di faggio e abete.
La fonderia Ferdinandea, avviata per iniziativa di Ferdinando I delle Due Sicilie, fu completata sotto il regno di Ferdinando II da cui prese il nome.
Qui il tempo sembra essersi fermato; tutto va al ritmo lento dei boschi, anche il degrado purtroppo.
Il complesso occupava 15.000 metri quadrati di suolo, di cui una parte dedicata alla fonderia e l’altra agli appartamenti reali, le strutture amministrative e agli alloggi per il personale operaio.
Fino agli anni 70 questo posto era vivo, dotato di aree di ristoro. Oggi è patrimonio silente e ricco di storia, che rimane in attesa di rinascere e mostrare tutta la sua bellezza grazie a nuove destinazioni d’uso.
Storia industriale della Calabria, poco conosciuta e studiata
L’apparato industriale calabrese è stato il fiore all’occhiello d’Italia dalla notte dei tempi fino al Regno Borbonico. Cosa accadde dopo?
La zona venne travolta dalle vicende e dagli interessi politici legati all’unificazione d’Italia e venne volutamente escluso da qualsiasi piano di sviluppo, depotenziato e dismesso dal governo sabaudo.
Le attività cessarono definitivamente nel 1881.
Questa importante ingiustizia che ha colpito il territorio di Stilo, così come gran parte del meridione d’Italia, è ancora molto sentita dagli abitanti del luogo.
Aspetto molto importante è il fatto che proprio le generazioni più giovani come quella di Giorgio stiano cercando di far rivivere il territorio grazie al grande potenziale turistico ancora in parte inespresso.
Una voglia di riscatto importante, che parte dai piccoli centri e dalle realtà museali, con l’obiettivo di creare una rete di persone e realtà che possa contribuire al futuro sviluppo del territorio.
Luoghi dove la natura e l’uomo sono stati legati in modo importante, oggi costituiscono un’opportunità.
Un’opportunità per recuperare e restituire la memoria collettiva al proprio territorio, innescando virtuosi impulsi sociali e turistici.
In bocca al lupo Calabria!
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La Calabria è una delle regioni italiane che mi attizza di più, ma che non sono ancora riuscita a visitare. Magari se la prossima estate saremo ancora costretti a muoverci solo in Italia ne potrei approfittare!
sinceramente credo che quest’anno ripeterò la Calabria. Poca gente, buon cibo e tanto da vedere